Da problematica/tema di serie B a emergenza nazionale il passo è breve e a dirlo sono i dati sulla salute mentale degli italiani. Dopo decadi nei quali l’argomento è stato trattato come un tabù, tanto da ricevere solo il 3% del fondo Sanitario Nazionale, ora i nodi vengono al pettine.
Acidità di stomaco, insonnia, ipertensione e colesterolo alto, sono solo alcuni tra i principali problemi di salute – correlati al malessere mentale – che i lombardi, e con essi i milanesi, affrontano quotidianamente assumendo ingenti quantità di farmaci per alleviare i sintomi. A dirlo è Federfarma, che nella sua ultima classifica dei farmaci più venduti in Lombardia colloca al primo posto i gastroprotettori, seguiti dagli ansiolitici e poi dai betabloccanti. Nel complesso, e stando nella sola Lombardia, i malati cronici sono oggi più di 3,5 milioni – sui circa 10 totali –, un dato preoccupante e che riguarda sì molto gli anziani, ma anche, e sempre più, fasce di popolazione più giovane e in età lavorativa. Una conseguenza del cambiamento del contesto economico e globale che si è andato delineando nell’ultimo ventennio e che con l’emergenza pandemica ha subito un’accelerazione differenziata per fascia d’età.
Stando ai dati della ricerca “Employee Mental Health: A Global Snapshot”, realizzata da Gallup, emerge infatti una difficoltà nel gestire lo stress generato dall’ambiente lavorativo, soprattutto in chi ha meno di 35, e il quadro generale è fin peggiorato rispetto al 2023 (seppur di un solo punto percentuale). I numeri che riguardano l’Italia raccontano di un mondo di lavoro nel quale ci si sente molto stressati (46%), per nulla coinvolti (92%), sempre alla ricerca di nuove opportunità (41%) e tristi (25%). Un trend che vede il benessere dei lavoro differente in base all’età, con chi ha meno di 35 anni che si colloca 5 punti percentuale più in basso rispetto a chi è nato prima. Segno che si fa più sempre fatica a percepire una prospettive di vita futura più rosea e quindi a gestire le difficoltà quotidiane, le quali iniziano a manifestarsi già durante l’ultimo passaggio dal mondo dell’istruzione a quello del lavoro. I dati Istat, infatti, riportano come gli studenti universitari italiani soffrono di ansia (33%) e di depressione (27%), e abbiano tassi di abbandono dagli studi che oscillano tra un 15% al Sud e un 9,6% nel Nord-Est. In un paese, l’Italia, nel quale il numero di laureati è tra i più bassi del gruppo OCSE.
Benché apparentemente scissi, tutti questi elementi – dalla classifica di Federfarma ai dati Gallup sul lavoro e Istat sugli studenti – concorrono a descrivere lo stato di salute mentale, tutt’altro che buono, degli italiani. I quali, in assenza di un servizio pubblico sanitario adeguato e universale, si rivolgono al banco del farmacista alla ricerca di soluzioni a problemi di natura fisica che hanno però una forte componente psichica, ben evidenziata dai dati sulla condizione del lavoro e dello studio nel paese.
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